martedì 30 ottobre 2012

Oriente cristiano: la Rotonda di San Giorgio a Salonicco



L’attuale Salonicco (un tempo Tessalonica, uno dei principali centri dell’Impero bizantino) è, insieme con Roma e Ravenna, luogo fondamentale per la ricostruzione degli orientamenti pittorici nell’Oriente e nell’Occidente cristiano di V secolo. La città sorse sulla Via Egnatia, una strada che, ricollegandosi all’Appia, da Brindisi giungeva fino in Albania (Durazzo), quindi in Grecia dove, passando per Tessalonica, continuava verso Costantinopoli. Sin dall’epoca tetrarchica, con Galerio (290- 311), essa assunse una discreta importanza. Coreggente di Diocleziano, cesare nella prima tetrarchia e augusto nella seconda e terza tetrarchia fino alla morte, sopraggiunta nel 311, egli fece realizzare a Tessalonica almeno due edifici: un arco di trionfo e una struttura circolare sorta in prossimità del palazzo imperiale. Il sito divenne presto sede del prefetto dell’Illiria e in seguito un apprezzabile centro bizantino. L’area urbana all’interno della cinta muraria, edificata da Teodosio I, era molto ampia. Se l’ippodromo e il palazzo imperiale sono andati perduti, l’arco di Galerio, detto anche camara - termine greco che indica una superficie voltata – e la rotonda, un'aula civile, prima trasformata nella chiesa di San Giorgio e in seguito divenuta moschea, testimoniano la sua fase tardo antica. L’arco di Galerio, quadrifronte, fu eretto nel 305 per commemorare la vittoria dell’imperatore sui persiani. Esso sorse sul punto di convergenza di due assi viari: una via monumentale porticata - dalla funzione processionale e civile - che conduceva all’ingresso della rotonda, e un altro asse che, attraversando la città, all’altezza delle mura si ricollegava con la Via Egnatia.[1]
Intorno al VII secolo la rotonda, in principio consacrata alla Potenza divina o agli Angeli, fu dedicata a san Giorgio. Costruita nel 300 da Galerio, essa nacque con una funzione civile, verosimilmente come aula di rappresentanza e più precisamente come sala del trono[2]. Due ipotesi campeggiano circa la sua antica funzione: poteva trattarsi del mausoleo di Galerio, sepolto a Romuliana in Serbia, oppure di un tempio dedicato a Zeus. La scelta di una pianta centrale è singolare e innovativa per l’architettura greca del tempo, ed è ispirata al Pantheon, eretto da Agrippa intorno al 27 d.C. e trasformato, agli inizi del VII secolo, in una chiesa cristiana dedicata a Santa Maria ad Martyres. [3] Come nel Pantheon, l’ingresso della rotonda di Salonicco era preceduto da un protiro e il vano centrale era coperto da una cupola di 24 metri di diametro, alla cui sommità era un oculo. In occasione della realizzazione dei mosaici l’oculo fu occultato dalla costruzione di una vera e propria copertura cupolata[4].
La cortina muraria è caratterizzata da mattoni con filari alternati di pietre e cotto, secondo una tecnica che un secolo più tardi sarebbe stata utilizzata per le mura di Costantinopoli. L’interno comprendeva un alto registro con finestre centinate e otto vani rettangolari voltati a botte, introdotti da colonne architravate e alternati a pilastri alleggeriti da nicchie frontonate contenenti statue.
Verso la fine del IV secolo, con Teodosio I, si procedette alla trasformazione della rotonda in cappella palatina. Intorno al 400 – 450, in occasione di tale trasformazione, fu aggiunta un’abside, fu accentuato il protiro e furono inserite delle tombe monumentali. Gli otto vani, originariamente chiusi, furono aperti al fine di ottenere una sorta di deambulatorio circolare, costruito in calcestruzzo e rivestito di mattoni.



La decorazione dell’interno era composta di rivestimenti marmorei e da un ricco programma musivo, solo in parte conservato. Il mosaico che adorna la cupola costituisce la più importante testimonianza di pittura monumentale di V secolo superstite in area orientale. La sua datazione è discussa e oscilla tra la fase teodosiana (fine IV), il V secolo e gli esordi del VI. Il mosaico della cupola era organizzato in tre fasce, alla cui sommità spiccava una Visione celestiale accolta dalle figure acclamanti delle bande sottostanti. A un primo medaglione con Cristo sorretto da quattro angeli alati, risponde una seconda banda, quasi del tutto perduta, della quale rimangono resti di un terreno erboso, tracce di vesti candide e di piedi posti in varie posizioni. I frammenti riguardano un coro di circa ventiquattro figure. Si tratta di un corteo simile a quello degli apostoli del Battistero Neoniano. Il quasi del tutto integro registro inferiore, posto sotto una banda resa con elementi geometrici zoomorfi e fitomorfi [5], è caratterizzato da un fondo aureo. La fascia, delimitata da una fittizia trabeazione e da una finta cornice a mensola, misura circa otto metri ed è suddivisa in otto pannelli larghi sei metri, inquadrati da naturalistiche candelabre vegetali. Ognuno dei sette pannelli superstiti è di qualità scenografica altissima e comprende due livelli di edicole coperte da cupolette o sormontate da frontoni con dei grandi fondali che nella parte inferiore si squadernano come complesse quinte architettoniche. Sia le architetture, sia lo sfondo sono resi con tessere auree: ne deriva che l’effetto di tridimensionalità creato dalle quinte scenografiche è immediatamente contraddetto dal fondo oro e dal tono su tono delle architetture. All’interno di queste strutture illusive si stagliano figure di santi oranti, immagini bidimensionali, costruite attraverso la linea, delle quali si osservano i sontuosi manti e i cui corpi sono soltanto immaginabili. Le architetture erano popolate da tendaggi, da pavoni e da volatili cari al simbolismo cristiano. Le figure di oranti, individuate da iscrizioni, inconsistenti e ieratiche, raffigurano martiri militari, privi di attributi di santità. Alcuni volti sembrano ispirarsi a dei ritratti antichi che, seppure idealizzati, non sono privi di una caratterizzazione individualizzante. In altri, la tendenza alla geometrizzazione e all’astrazione, alla semplificazione geometrica, prevale su qualsiasi tipo di carattere individuale.

L’ iconografia del mosaico di San Giorgio, espressamente pensata per lo spazio di una cupola, svolge il tema della Parusia, o II venuta di Cristo il quale, con una chiara allusione alla Gerusalemme celeste, è accolto e acclamato dalle figure rappresentate nelle sottostanti fasce.
E. Kitzinger propendeva per una sua datazione entro la metà del V secolo, al tempo della conversione della rotonda in chiesa cristiana, probabilmente ai decenni appena precedenti il 450. Lo studioso aveva insistito soprattutto sulla persistenza dell’illusionismo spaziale di matrice ellenistica. Kitzinger sosteneva come il tema base adottato a Salonicco non fosse troppo distante e dissimile da quello che costituisce il fulcro della decorazione di Galla Placidia. Anche nella rotonda, una visione celestiale alla sommità era accolta da un gruppo di figure acclamanti nella zona inferiore. Quanto al legame con la cultura figurativa ellenistica, rinviano a questo tipo di tradizione figurativa sia la decorazione di una cupola, di una volta o di un soffitto a cupola secondo una sequenza di cerchi concentrici o bande, sia la soluzione della banda più esterna e bassa con una sorta di zoccolo o dado, sorretto e completato da fregi e cornici fittizie.
Circa il programma e le soluzioni scelte, dunque, la rotonda può essere felicemente confrontata con la cupola del battistero degli Ortodossi e con il Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna, a testimonianza di come le radici delle commissioni placidiane vadano in direzione dell’oriente cristiano. 
Le ventiquattro figure del secondo registro, rappresentate in diverse pose, alcune addirittura di spalle, erano in attivo contatto con il Cristo trionfante del medaglione, sorretto da Angeli monumentali e introdotto da tre elaborate cornici. [6]  Il programma fu pensato in relazione allo specifico significato iconografico e alla composizione visiva che influiva sulla struttura architettonica. A un’attenta analisi dell’impianto compositivo emerge un dato interessante: la diversa natura dei tre registri. Nella fascia illusionistica, o apparentemente tale, la percezione dello sfondamento della parete era contraddetta dall’oro su oro degli edifici – diafani e immateriali - e dalle figure bidimensionali dei martiri oranti, gli atleti di Cristo immersi nei loro “palazzi celesti”.[7]. Il terzo registro si connotava come muro chiuso e la superficie piana della parete era completamente “accettata” dalle frontali figure di santi. Tale percezione contrastava con i caratteri di dinamicità e di naturalismo della banda immediatamente superiore, suggeriti dallo sfondo verde chiaro e dalle pose dei ventiquattro Seniores. In alto, nel medaglione, la figura di Cristo sorretto dagli angeli dava l’idea di uno spazio aperto, dettato dalla visione celestiale. Secondo Kitzinger, il disegno globale della decorazione di San Giorgio “aveva radici nella tradizione del primo secolo a. C., dove la parte superiore del muro era elaborata in modo tale da suggerire l’idea di uno spazio aperto al di sopra di una zona chiusa con uno zoccolo fittizio”.[8]










[1] Tale asse aveva la stessa funzione della Mese costantinopolitana.
[2] Krautheimer 1993, p. 87.
[3] L’edificio fu trasformato dall’imperatore Foca durante il pontificato di Bonifacio IV.
[4] La cupola del Pantheon misura circa 43 metri, mentre quella di Santa Sofia ha un diametro di 31 metri.
[5] Si tratta di motivi diffusi in area sasanide.
[6] Le tre fasce presentavano un motivo ad arcobaleno, un inserto floreale, e una decorazione a cielo stellato.
Tra gli angeli alati trovava spazio anche una fenice.
[7] Kitzinger 2005, p. 61.
[8] Kitzinger 2005, pp. 60-61.
(http://www.flickr.com/photos/sainthadrian/4113437282/in/photostream/)

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