giovedì 25 ottobre 2012

La Nuova Oggettività tedesca


di Silvia Di Summa

“Desidero ordinare in autunno una mostra di pittura e di grafica di media dimensione che sarà intitolata “Die Neue Sachlichkeit”. Mi interessa mettere insieme opere rappresentative di quegli artisti che negli ultimi dieci anni non sono stati né impressionisticamente sfatti, né espressionisticamente astratti, né puramente legati alle proprie sensazioni esterne, né puramente costruttivi. Voglio far vedere quegli artisti che sono rimasti fedeli alla realtà positiva e tangibile, o sono tornati ad esserle fedeli, trattandola secondo modi riconoscibili”.

GUSTAV F. HARTLAUB, LETTERA CIRCOLARE, 18 MAGGIO 1923

Otto Dix, Alla bellezza, 1922, Wuppertal, Von der Heydt-Museum.
Esposto nel 1925 alla mostra “Neue Sachlichkeit. Pittura tedesca dopo l’Espressionismo”.


Il critico tedesco, direttore della Kunsthall di Mannheim, inviò questa lettera a galleristi, funzionari di musei e critici. È questo il primo progetto della mostra poi intitolata “Neue Sachlichkeit. Pittura tedesca dopo l’Espressionismo” che, per varie difficoltà, si sarebbe aperta solo nel 1925. Già a partire dal 1920, però, si riscontra la necessità di maggiore realismo e chiarezza in una Germania che, da poco uscita sconfitta dalla Prima Guerra Mondiale, portava ancora evidenti ed irrisolti i segni di un conflitto che le era costato quasi due milioni di morti e più di quattro milioni di feriti, tra cui innumerevoli mutilati gravi; la propagazione in diverse città di numerosi focolai di insurrezione, poi trasformatisi in guerra civile; l’accettazione di una pace che le impose pesanti sanzioni economiche, politiche e psicologiche. Quella stessa Germania che nel 1914 aveva accolto con gioia l’entrata in guerra, salutata come “purificazione, liberazione, enorme speranza”, si trovava ora a dover fronteggiare un’inflazione incontrollabile (il 1923 è l’anno in cui l’inflazione precipita e lo sfacelo economico tocca il suo picco massimo) e una dilagante disoccupazione, una forte criminalità e un impetuoso aumento della prostituzione.
L’Espressionismo, con suoi caratteri di estasi e liricità, i furori coloristici e la ribellione incontrollata, non si ritiene più adeguato in questo contesto: all’arte non viene più richiesta un’interpretazione o una trasfigurazione della natura, ma una descrizione esatta ed impersonale, in uno stile volontariamente semplice, nella volontà di un preciso ritorno alle cose. 
“La situazione è oggi tale che il nostro interesse principale va alle componenti oggettive della nostra immagine nel mondo. Avvertiamo un rifiuto istintivo nei confronti degli elementi soggettivi. Desideriamo eliminarli per quanto è possibile; si, non siamo lontani dal concepirli come disturbi e falsificazioni” scrive nel 1925 W. Michel. 
G.F. Hartlaub, dopo aver rimarcato la volontà della pittura recente di tornare a una rappresentazione oggettiva e volumetrica della realtà dopo gli eccessi soggettivi dell’espressionismo, ne individuava nel 1923 una netta distinzione al suo interno: “Vedo un’ala destra e una sinistra. La prima, conservatrice fino al classicismo, affonda le radici in una dimensione fuori dal tempo e vuole nuovamente santificare, dopo tanta stravaganza e caos, il “sano”, la corporeità plastica nel disegno puro secondo natura, esasperando il “terreno”, il tutto tondo. Michelangelo, Ingres, Genelli, gli stessi Nazareni sono i loro testimoni. 

L’altra, l’ala sinistra, fortemente contemporanea, molto meno preoccupata dell’arte, nata anzi dalla negazione dell’arte, con la ricerca di affermazioni primitive, di una nervosa messa a nudo di se stessi, cerca lo scoperchiamento del caos, "vero volto del nostro tempo”. Mentre il primo gruppo è, dunque, volto alla ricerca di “un’oggettività fuori dal tempo”, il secondo è indirizzato alla descrizione del mondo contemporaneo. Narrazione statica, pittura plastica, richiami costanti alla storia dell’arte, compiutezza del disegno e precisione della linea, rappresentazione del reale attraverso la purezza e la geometria caratterizzano, pur nella grande diversità reciproca, i membri dell’ “ala classicista” della tendenza, tra i cui maggiori esponenti si annoverano Alexander Kanoldt, Georg Schrimpft, Carlo Mense ed Heinrich Maria Davringhausen. Essa, che ha il suo centro principale a Monaco intorno alla galleria Neue Kunst diretta da Hans Goltz, mostra un nuovo ripensamento ed una nuova attenzione verso la pittura tedesca del primo Ottocento ed un interesse per l’arte italiana, sia antica sia contemporanea, soprattutto rivolto al classicismo di Carrà e De Chirico, favorito dalla circolazione della rivista “Valori Plastici” di cui Goltz aveva l’esclusiva in Germania. È possibile, tuttavia, scorgere, anche dietro gli accenti idilliaci di questa pittura, quella stessa dimensione drammatica che, propria di un comune periodo storico, viene messa a nudo, in toni completamente diversi, dall’ “ala verista”. Dresda, Karlsruhe, ma soprattutto Berlino sono le tre città in cui si muovono i componenti dell’ “ala sinistra” della Neue Sachlichkeit, Scholz, Dix, Grosz, Schlichter per citarne i maggiori, artisti per i quali l’impegno sociale e la volontà di immergersi nella realtà contemporanea ha preso il sopravvento sulla meditazione poetica o funzionale dell’oggetto. Dagli anni della guerra, ma soprattutto dall’immediato dopoguerra, l’arte berlinese si è caratterizzata per un’intensa partecipazione alle vicende politiche e sociali, tradotta senza mediazioni nelle opere; ed è proprio nell’ambito del dadaismo che si innesta e matura a Berlino l’esperienza neo-oggettiva, data la provenienza dalle sue fila dei suoi più rilevanti esponenti. Alla ricerca di un rapporto immediato con la realtà quotidiana, i “veristi” della Neue Sachlichkeit la rappresentano nei suoi aspetti deteriori di miseria e di violenza, perseguendo un’indagine spietata della società tedesca del tempo: il brutto, insieme alle prostitute e ai trafficanti di guerra, trova spazio nelle loro opere, talvolta in modo cinico e impietoso, talvolta in modo freddo e disincantato : il ritorno ad una figurazione chiara e comprensibile è intesa come strumento di denuncia.

Otto Dix, Tre prostitute nella via, 1925, Amburgo, collezione privata. 

BIBLIOGRAFIA
Annabelle Türkis, Dada Almanach, in DADA, catalogo della mostra, Parigi, Centre Georges Pompidou 2005, p. 320;
Antonello Negri, Carne e ferro. La pittura tedesca intorno al 1925, Scalpendi editore, Milano 2007;
Elena Pontiggia, La Nuova Oggettività tedesca, Abscondita, Milano 2002;
Jolanda Nigro Covre, L’arte tedesca nel Novecento, Carocci, Roma 1998, pp. 13-151
Peter Gay, La cultura di Weimar, Dedalo, Bari 2002;
U.W. Schneede, Vérisme et nouvelle objectivité, in DADA, Paris-Berlin, catalogo della mostra, Parigi, Centre Georges Pompidou 1978, ristampa Paris Gallimard 1992, pp. 182-203. 


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